RIVEDERE TE

RIVEDERE TE

Il vento le scompigliava i capelli. Il panorama dal balcone, era sempre quello, ma tanto non lo vedeva, davanti ai suoi occhi, stava l’inconsistente materializzazione dei suoi pensieri. Ed erano pensieri che non le piacevano per nulla, ma che non poteva ignorare e accantonare. Anche quell’anno, non aveva trovato lavoro, e alla fine aveva ripiegato sulle lezioni private, anche se ripiegato non era il termine giusto. Le piaceva quel lavoro, e lo faceva con passione e con coscienza, forse pure troppa, si disse in un momento d’amarezza, pensando agli appuntamenti saltati, per far fronte a un’ora extra di lezione, perché era saltata fuori qualche interrogazione, o compito a sorpresa, dei suoi alunni. Ma in fondo era una bella soddisfazione vedere i ragazzi recuperare. Ormai stava passando ottobre, e finito il primo mese, cominciavano i problemi, anni di lacune, si facevano sentire, antipatie con i professori, aumento dei compiti e proporzionale decremento della voglia di studiare. Tutto come sempre, ma quella volta farvi fronte, le pesava di più. Scosse la testa. Domani l’aspettava uno dei peggiori lunedì della sua vita. Sbuffò. Gertani. Ecco come poteva riassumere il vero problema di tutta quella storia. L’odiato professore d’italiano del liceo. Chiuse gli occhi. Certe cose non cambiavano mai. Cercò di mettere a fuoco la situazione: uno dei suoi allievi, primo anno di liceo, aveva come professore, proprio Gertani, e non si trovava. Rabbrividì. Chi poteva trovarsi, con quel pallone gonfiato? I suoi pensieri erano nel caos più totale. Si costrinse a riordinarli. L’indomani alle 10:30 aveva appuntamento col professore, e avrebbe cercato di trarne il meglio per Gian Paolo, l’alunno che seguiva. Nulla di più nulla di meno. Non era la prima volta che teneva testa al professore, si disse, e con un pizzico di fortuna, l’avrebbe spuntata, si disse con deciso ottimismo. Chissà come sarebbe stato rivedere il prof, dopo 8 anni?

Un secco “avanti” le confermò che il professore la stava aspettando. Bene. Si fece coraggio ed entrò. La sala professori, era deserta. Lui, chino su un plico di fogli. Compiti, probabilmente.

<<Venga avanti>> Disse. Neanche si preoccupò di alzare la testa, o di guardarla. Perfetto, si trasse un sospiro, e si avvicinò osservandolo. Era cambiato. Portava gli occhiali, e una spruzzata d’argento tra i capelli, ne svelava l’età non più giovanissima, eppure sembrava più affascinante. O forse, al bar avevano corretto il caffè con la vodka, tutto poteva essere. Si piantò di fronte a lui, ben decisa a non lasciarsi intimidire.

<<Buongiorno>>Disse, col tono più deciso e secco che possedeva, quello che generalmente metteva in riga i suoi alunni.

<<Buongiorno…Rolandi..che ci fa qui?>> A Clara salì il nervoso.

<<Ma coeme, professore! Che scarsa memoria! Avevamo appuntamento!>> Lui la fissò stupito.

<<Appuntamento!?!>> Esclamò a mo’ di domanda.

<<L’alunno Tilani. Sono io che lo seguo.>>

<<Ah, già, dovevo aspettarmelo>> Bofonchiò. <<Prego, si sieda>> Aggiunse poi con un sorriso, lo stesso che raggelava gli alunni alle interrogazioni, ma lei era ben decisa a non farsi intimorire.

<<Grazie.>> Disse.

<<Allora, come spiegavo alla madre del ragazzo, l’alunno non ha un metodo di studio>> Clara, lo fulminò con lo sguardo.

<<Il metodo di studio, c’è. E nelle altre materie, si vede il cambiamento.>> Disse.

<<Con me, è peggiorato, nell’ultimo mese, e poi è sempre distratto, in classe.>> Come lo odiava! Di sicuro non si sentiva di dare torto a Gian Paolo.

<<Sarà anche distratto, ma poi recupera.>> Sottolineò.

<<Detto, fra noi, no. E poi è impertinente.>> Eccolo il bandolo della matassa.

<<A lei non va proprio giù, vero?>> Il professore la guardò allibito. Gli stava tenendo testa, sfidandolo?

<<Come, scusi?>> Tergiversò, ma Clara non stette al suo gioco.

<<Che la correggevo quando ero sua alunna, e che continui a farlo.>>

<<Rolandi, sappiamo bene, entrambi che non è questo il problema!>> Ma lei, non era del tutto fuori strada.

<<Forse, voleva dire che non è questo l’unico problema!>> Disse. Non era più la sua alunna, e per quanto non potesse affermare che erano sullo stesso livello, neanche avrebbe rinunciato a giocare quella partita, da adulta.

<<E va bene. L’ultimo compito è stato un disastro!>> Clara, sostenne il suo sguardo.

<< È vero. L’argomento non lo mandava giù. Ma non si può essere sempre al massimo.>> Disse sicura.

<<Li lo era>> Colpo basso.

<<<Sarei morta, pur di non prendere un brutto voto con lei.>> Ammise, sorprendendolo.

<<Mi dimostri che ha ragione. E magari prenderò in considerazione di coordinare con lei, un piano di recupero.>> Clara sorrise.

<<Lo interroghi domani.>> Disse, alzandosi, per lei il colloquio era finito. Lui la imitò.

<<Come vuole.>> Si strinsero la mano, e lei uscì disinvolta, come era entrata.

Clara era sfinita. Erano le undici di sera. Controllò il cellulare. 5 chiamate perse, e due messaggi. Aveva un forte mal di testa. Spense il telefono e andò in cucina. Gian Paolo era appena andato via, e lei aveva saltato anche la cena. Di cucinare non le andava, prese dei cracker dalla dispensa, e ne addentò uno di malavoglia. Tilani, era l’ultimo alunno della giornata, ma di solito andava via per le otto, e invece quella sera l’aveva dovuto tenere tre ore in più! Sbuffò. Di sicuro c’era una congiura contro di lei, se pure il professore di matematica, si metteva a programmare i compiti all’ultimo minuto. Ad ogni modo era riuscita ad instillare nella mente del ragazzo, tanto le nozioni di matematica, quanto quelle d’italiano, avendo cura di segnalargli tutte le insidie, cui sarebbe incorso durante l’interrogazione, o per meglio dire l’interrogatorio.

Marco Gertani era nel suo appartamento, seduto sul divano. Ripensava a quella mattina. L’alunno Tilani, l’aveva stupito. Un’interrogazione brillante e non aveva potuto coglierlo in fallo, non che non ci avesse provato, ma il ragazzo non si era lasciato intimidire dalle sue domande, neanche da quelle più ostiche. E sospettava che sotto ci fosse lo zampino di Rolandi. Clara Rolandi. Era stata la sua spina nel fianco, per tutti gli anni che l’aveva tenuta come alunna. Spesso a fine lezione, aveva degli appunti da fargli. Cielo, come era irritante, ma per lo più era timida e riservata. Più che altro la ricordava insicura. Eppure tutto avrebbe detto, della ragazza che aveva incontrato la mattina prima, tranne che fosse insicura. Era cambiata, in quegli ultimi anni, oppure lui non aveva mai capito nulla del suo vero carattere? Scosse la testa. L’aveva riconosciuta subito, sebbene fosse più bella. Anche al liceo, era carina, ma non così. E ora, cosa diamine gli pendeva? Si alzò e andò allo specchio, era invecchiato, ma non era ancora da buttare. Che strani pensieri, che gli venivano. Li scacciò con forza, e prese il cellulare. Si era fatto dare il numero di Clara dalla famiglia dell’alunno. Compose il numero due volte, prima di fare quello giusto. Tutta colpa del touchstone, lui non era mica agitato.

Clara, camminava su e giù per quello che definiva lo studio, e che altro non era che la stanzetta in fondo al corridoio, dove aveva piazzato una mega libreria, e una scrivania. Tiziana, la ragazza che veniva prima di Gian Paolo, era andata via. E lei era nervosa. Aveva fatto mille raccomandazioni al ragazzo, ma sapeva che Gertani era un osso duro, e poi c’era anche il compito di matematica. Sedette alla scrivania, tamburellò sul legno con le dita, poi si alzò sbuffando. In quel momento il suo cellulare squillò. Lo prese, e per qualche istante fissò il display inebetita. Sul display compariva un numero che aveva memorizzato tanti anni prima, e che mai credeva di veder comparire. Trasse un respiro e con voce sicura, rispose al professor Gertani. Quasi non ci credeva, il professore l’aspettava nel suo studio privato.

Quando chiuse la chiamata, il citofono squillò.

Lei pensava ancora alla telefonata…qualcosa le diceva che aveva vinto la partita.

<<Com’è andata?>> Chiese distrattamente.

<<Bene, con Gertani ho risposto a tutto. Con matematica…>> drizzò le orecchie, ecco, lo sapeva che qualcosa era andato storto.

<<Con matematica?>> Lo incalzò.

<<Be’ ho fatto tutti gli esercizi…tranne due.>> Il che con Celfrani significava aver sbagliato mezzo compito.

Si trincerò dietro un sorriso, non voleva scoraggiarlo.

<<Però c’era un esercizio, molto complicato che non è uscito a nessuno, ma credo di averlo fatto bene.>> Incrociò mentalmente le dita, sarebbe stato fantastico, se fosse stato davvero così…

<<Bene ti va se oggi, ci sbrighiamo un po’ prima?>> Il ragazzo annuì,non chiedeva di meglio e si misero a lavoro.

Accompagnò Gian Paolo alla porta e corse nella sua stanza. Aveva appuntamento con Gertani, e non voleva arrivare tardi, ma neanche presentarsi conciata come quando stava in casa. Aprì l’armadio, e scelse un pantalone scuro, e una maglietta scollata e si preparò con cura. Lasciò i capelli sciolti e mise un filo di trucco, in mezz’ora era fuori casa.

Quando la vide entrare, Gertani rimase interdetto, per un po’, era davvero bella. Inforcò meglio gli occhiali e le disse di accomodarsi. Iniziarono a parlare, una conversazione educata, che presto si trasformò in una schermaglia animata, e per nulla noiosa. Era affascinato da come lei gli teneva testa. Non se lo sarebbe mai aspettato. Più la guardava e più si accorgeva che era bella, ma quello che lo colpiva era il fatto che aveva una mente arguta, con lei non poteva abbassare la guardia, e questo lo stuzzicava, era difficile che qualcuno lo prendesse in contropiede, senza preoccuparsi delle conseguenze. Era cambiata e molto.

Osservava il prof, era bello. E mai avrebbe pensato di dirlo, ma l’età gli donava e parlare con lui, ora che non era più la sua alunna era stimolante. E lui era più simpatico di quel che pensava. E anche più affascinante. Ben presto la conversazione si trasformo in una battaglia, ma era bello toccare argomenti che coi suoi coetanei difficilmente avrebbe potuto affrontare.

Clara era alla scrivania, le due ragazze che aveva prima di Gian Paolo era andate via, e lei stava aspettando il ragazzo. Ormai il primo quadrimestre, si era chiuso e con un bilancio più che positivo. Come era volato il tempo, si disse. Eppure era sicura che non avrebbe dimenticato un solo giorno di quei mesi. Aveva preso a frequentarsi con Marco, si vedevano spesso si sentivano tutti i giorni. E lei era felice, anche se temeva che non sarebbe durata. Il cellulare emise un bip. Controllò e sul display comparve un messaggio di Marco: “Devo parlarti”. Si sentì mancare l’aria. Aveva giurato e giurato di non innamorarsi del suo professore e ci era cascata. Cominciò a camminare su e giù per la stanza. Possibile che il sogno fosse già finito? Si chiese sgomenta.

Marco guardò l’orologio, era preoccupato. Clara era in ritardo. E se non fosse arrivata? Scacciò il pensiero, si sentiva teso come un ragazzino e a 48 anni, si sentiva un po’ ridicolo, ma non poteva negare la realtà. Quando la vide, ricominciò a respirare. Non si era accorto che stava trattenendo il fiato.

<<Ciao.>> Disse lei, sembrava tesa.

<<Ciao, come mai così tardi?>> Clara sbuffò.

<<Oggi Gian Paolo era in modalità rifiuto.>> Disse passandosi una mano tra i capelli.

<<Capisco.>> L’abbracciò e Clara si lasciò andare a quell’abbraccio. Era bello stare tra le sue braccia.

<<Avevi qualcosa di dirmi?>> Era spaventata dalla risposta che lui poteva darle.

<<Sì.>> Disse serio. Clara impallidì, ma lui continuò <<È da un po’ che ci frequentiamo…e credo, anzi sono sicuro di…>> Fece una pausa, era difficile trovare le parole. Clara tratteneva il fiato. Forse avrebbe dovuto parlare per prima? Ma si sarebbe resa ridicola. Marco si schiarì la voce e con più sicurezza riprese. <<Sono sicuro di essermi innamorato di te>> il colore tornò sulle guance di Clara, che lo abbracciò forte.

<<Anch’io ti amo.>> Disse. Il minuto dopo la passione si accese tra loro, in un abbraccio infuocato.