CONTRO LE REGOLE – Terza Parte

Jane era pietrificata. Qualcuno aveva fatto saltare la serratura, e ora la stava raggiungendo. Appena fu un po’ più vicino, il suo cuore mancò un colpo. Era Shadow. Lui era lì. Non poteva crederci.

<<Jane, dobbiamo andare, subito.> Lei annuì. Scese dal letto e prese la mano che lui le offriva. Nell’altra stringeva ancora la pistola. Aveva lo sguardo duro ed era teso, come non lo aveva mai visto. Metteva i brividi, eppure sentiva di amarlo. Ma cosa sarebbe successo ora? Lui la guidò attraverso il corridoio, ma a metà del secondo, un gruppo di uomini sbarrò loro il passaggio. Le porse la pistola.

<<Ecco il comitato di benvenuto. È una regola, nelle missioni operative va sempre storto qualcosa.>> la voce era gelida e il sorriso di scherno inquietante. Si allontanò da lei per avvicinarsi a quegli uomini. Cosa aveva intenzione di fare? Loro erano in quattro, lui da solo. Gli uomini provarono a bloccarlo, e a colpirlo, ma Shadow schivava i vari attacchi con rapidità ed eleganza felina. Era veloce e sicuro di sé. Non se lo aspettava, in quel momento sembrava letale ed invincibile e a lei sembrava di essere la spettatrice di un film.

Shadow, schivò un colpo e sferrò un calcio. Non era un incontro leale, ma non lo era mai e lui era arrugginito. Si chinò per evitare un colpo e rotolò di lato, colpendo un uomo alle spalle, poco virile, ma efficace. Sentiva l’adrenalina incendiargli il sangue. A quanto pareva un operativo, restava un operativo fino all’ultimo. Ma gli anni passati lontano dalle missioni si facevano sentire. Sudava freddo, ma non avrebbe ceduto. Avrebbe fatto di tutto per non fare la figura dello stupido di fronte a Jane. E anche se era al limite, avrebbe superato anche quello. Si difese da un colpo e ne sferrò un altro. Il suo avversario cadde a terra. Bene, fuori il secondo. Ne restavano due. Roteò su se stesso, sferrando cali e pugni un po’ alla rinfusa. Era esausto e se fosse stato solo, si sarebbe arreso. Sapeva di non potercela fare, ma non era solo. E doveva farcela. Ad ogni costi. Fece due passi indietro. Doveva ritrovare un po’ di fiato. Osservò i suoi avversari, quello a sinistra sembrava più provato. Individuò il suo punto debole, e colpì con forza, lasciandolo tramortito. Ora ne restava solo uno. Più giovane e più agile di lui. Strinse i pugni. Ogni suo più piccolo muscolo era dolorante e senza forza, ma la sua mente era lucida e i suoi nervi erano all’erta. Non doveva perdere il controllo. Non sarebbe crollato, non ancora. Schivò un pugno e sferrò un calcio, quello fu rapido a rispondere, ed entrambi finirono a terra, in un corpo a corpo poco elegante. Ma lui non riusciva a rialzarsi, non aveva l’agilità dei 20 anni, ma abbastanza esperienza per cavarsi d’impaccio.. immobilizzò il suo avversario e si accanì su di lui cono una lunga scarica di pugni. Si fermò solo quando fu sicuro che l’altro fosse stato neutralizzato. Si alzò lentamente, era stremato. Anche lui era stato colpito, e non si faceva illusioni sul suo aspetto. Quello che lo preoccupava però era la consapevolezza di non sapere se sarebbe riuscito a portare Jane fuori di lì, nelle condizioni in cui era. Ma doveva farlo. Volontà e determinazione, erano queste le uniche qualità in grado di salvare una spia. Si avvicinò a Jane e riprese la sua pistola.

<<Stai bene?>> Chiese preoccupata. no. Non stava bene. Era un uomo anche lui, e certo non era fatto di ferro. Ma non era quello il momento di dirlo.

<<Sì. Sto bene.>> Disse convinto. La prese per mano e cominciò a muoversi, quanto più velocemente potesse. Aveva intenzione di uscire da dove era entrato, ma sapeva che non era facile. Camminavano in silenzio e rapidi, ma la loro fuga era nota e purtroppo sapeva di doversi aspettare altre brutte sorprese. Ma non era in grado di affrontate un altro scontro. Strinse la pistola con forza. ‘solo se necessario’, si disse ripetendo un giuramento che aveva fatto molto tempo prima. ‘Solo se necessario’. Dei passi lo misero in allarme. Strinse la mano di Jane e la trascinò con sé nello stesso punto cieco dove si era nascosto all’andata. Da lì potevano vedere senza essere visti. Due uomini, armati li stavano palesemente cercando. Sentì Jane tremare contro di sé. Dannazione. Non potevano restare lì in eterno. Baciò Jane lievemente, per rassicurarla.

<<Chi sono?>>Le bisbigliò.

<<Il primo è l’uomo per cui lavorava la mia copertura. L’altro l’ho già incontrato in una vecchia missione.>> Pericoloso. Molto pericoloso.

<<Va bene. Resta qui e non fiatare.>> Le disse. Sciogliendosi dal suo abbraccio e uscendo dal suo nascondiglio. La pistola ben stretta in pugno. Si parò davanti i due uomini e sparò. Due colpi secchi. Entrambi caddero a terra. Tornò a prendere Jane e con lei si mise a correre, dovevano guadagnarsi l’uscita. Subito. Aveva il fiato corto e non avrebbe retto oltre. Raggiunsero la finestra da dove era entrato.

<<Dobbiamo calarci. Imita quello che faccio io e non pensare.>> Le disse secco. Jane ubbidì sebbene le sembrasse tutto una follia.

Jane era assorta nei suoi pensieri. La fuga, il ritorno a Londra, in aereo, due ore totalmente chiuse nell’oblio. All’aeroporto gli aspettavano due uomini, entrambi più vecchi di Shadow. Mallhoy, ne aveva sentito parlare, e sapeva chi era, avevano anche scambiato qualche parola, anche se telefonica, in altre missioni, ma era la prima volta che lo conosceva di persona. Era un bell’uomo, distinto e di bell’aspetto. L’altro l’aveva solo sentito nominare. Sharlay era di corporatura robusta e massiccia, aveva i capelli bianchi e il volto severo e segnato. Cosa voleva dire quel comitato di benvenuto?

<<A quanto pare ci è riuscito.>> Bofonchiò Sharlay.

<<Aveva dei dubbi?>> Gli rispose gelido Shadow.

<<Ad ogni modo Backery è su tutte le furie.>> Interloquì Mallhoy. Shadow si fece serio.

<<È un problema suo, ad ogni modo il mio intervento era necessario.>> Mallhoy si fece più attento.

<<Hai scoperto qual’era il problema?>> Shadow abbozzò un sorriso.

<<L’ho eliminato alla radice.>> Scambiò un occhiata con Mallhoy che solo un altro operativo poteva comprendere.

<<Bene. La macchina è pronta.>> Disse Mallhoy. Shadow annuì.

<<Farò rapporto per conto suo.>> Riprese a parlare Sharlay col suo tono brusco e strascicato.

<<Grazie.>> Sharlay chinò impercettibilmente il capo. Osservò bene Shadow. Qualcuno doveva avergli riservato un’accoglienza calorosa.

<<Ce la fa a guidare?>> Chiese senza troppi complimenti.

<<Sì.>> Ringhiò in risposta. Stare in areo era stato un inferno, quidare non sarebbe stato diverso, ma certo che ce l’avrebbe fatta. Doveva farcela.

<<Ma valli a capire gli operativi.>> Bofonchiò Sharlay, mentre la sua mole spariva come inghiottita dalla folla. Mallhoy sorrise a Jane.

<<Si rimetta S2D.>> Poi rivolto a Shadow: <<Ecco le chiavi, io prenderò un auto sicura.>> Salutò e sparì anche lui. Jane aveva osservato la scena, stupita. Scommetteva che era assai raro vedere i capi delle varie sessioni, insieme e nello stesso momento. Più diversi non potevano esserlo, e ognuno aveva un aspetto…pericoloso, a modo suo. Shadow le prese la mano.

<<È ora che spariamo anche noi.>> Le disse guidandola fuori dall’aeroporto, verso un’auto dai vetri scuri. Salirono entrambi in silenzio. Lei si sentiva stanca, lui sembrava teso.

Il tragitto era stato silenzioso. Jane era sembrata lontana mille miglia. Guidare si era rivelata una tortura, e più di una volta aveva rischiato di perdere il controllo dell’auto, per fortuna aveva ancora abbastanza adrenalina in corpo, da sostenerlo. Non era più un ragazzino. Frenò e parcheggiò. Scese dall’auto svelto, per quel che gli concedevano i suoi muscoli e aprì la portiera a Jane.

<<Dove siamo?>> Jane lo guardava smarrita.

<<A casa mia. Neanche Backery sa di questo posto.>> Jane lo seguì un po’ interdetta. Lei non aveva una casa sua, non fissa almeno, perché agli agenti ombra si consigliava di non avere legami. Shadow lasciò cadere la giacca.

<<So a cosa stai pensando. Le procedure non impediscono di abitare in un posto fisso, a patto che sia inviolabile.>>

<<Che vuoi dire?>> Shadow sorrise.

<<Nessuno deve conoscere il luogo. Risalire a me è impossibile.>> Jane lo guardò dubbiosa.

<<Come puoi esserne così sicuro?>>

<<Jane nessuno conosce il mio nome, e pochi conoscono il mio volto. Associarli, credimi non ci riuscirebbe nessuno. Questa casa, di fatto appartiene ad un fantasma. Neanche il portiere mi ha mai visto, perché passo solo dal parcheggio. E qui non ci viene mai nessuno.>> La sua voce era sempre fredda e controllata ma con una nota di stanchezza che non gli aveva mai sentito.

<<Però io ora sono qui.>> Non si capiva neanche lui. Ma non riusciva a controllarsi, gli ultimi giorni erano stato un inferno e ora tutta la tensione era esplosa.

<<Diamine Jane! Sei la mia compagna, per quale diavolo di motivo credi che abbia infranto tutte le procedure dell’agenzia? O pensi che mi diverta ad avere quei due mastini sul collo?>> Il tono di Shadow si era alzato di parecchi toni e il suo bel volto era una maschera di rabbia.

<<Scusa>> Gli disse piano.

<<Ho bisogno di una doccia. Di là. C’è un altro bagno. Approfittane.>> Le indicò la direzione e poi sparì in quella opposta. Lei scosse la testa. Quante cose conosceva di lui? Fino ad allora non le era mai importato, o almeno era questo che si era ripetuta fino a crederci. Ma quella missione l’aveva messa di fronte alla verità. Lo amava e non sarebbe stata capace di riprendere il loro rapporto così come era prima. Voleva altro. Per questo prima l’aveva provocato. Ma lui aveva ragione, ora doveva calmarsi, magari un bagno caldo l’avrebbe aiutata.

Shadow entrò nel salotto. Era a torso nudo, solo un asciugamano intorno ai fianchi. Lei era tutta rannicchiata sul divano, con addosso il suo accappatoio e l’aria assorta.

<<Jane?>> La chiamò piano. Lei si voltò a guardarlo.

<<Shaow…>> Trasalì vedendolo. Le vecchie cicatrici, che aveva imparato a conoscere si mischiavano coi nuovi segni e i nuovi lividi.

<<Non è niente. Ho passato di peggio.>> Le disse, intuendo i suoi pensieri. Poi sedette su di una poltrona poco distante.

<<Non sono riuscita…non ho voluto mettere in atto la procedura, quando sono stata scoperta.>> Gli disse.

<<Ho pregato che non lo facessi.>> Lei lo guardò stupita. Non era da lui.

<<Davvero?>>

<<Avrei sacrificato qualsiasi agente. Ma non te. Tu sei importante, non avrei mai rinunciato a te.>>

<<Cosa accadrà ora?>>

<<Nulla. Backery urlerà per un po’ ma poi dovrà calmarsi.>> Lei lo guardò.

<<Cosa rischi?>> Shadow sorrise un po’ enigmatico.

<<Il posto.>> Lei rimase di stucco.

<<Cosa hai detto?>>

<<Hai sentito. Ma non mi importa. Ad ogni modo Mallhoy e Sharlay erano più o meno dalla mia parte.>>

<<Hai chiesto il loro aiuto per salvare me?>>

<<Possiamo metterla in questi termini, se vuoi. Ho chiesto che mi coprissero le spalle.>> Lei lo guardò. Era la prima volta che lo vedeva in quel contesto. Era abituata ai loro incontri in ufficio o alle loro serate in albergo. Ma quella era casa sua. Si guardò intorno. Era un ambiente che gli si addiceva. E che lo rispecchiava.

<<Ti ringrazio per quello che hai fatto…>>Lui sorrise, un sorriso aperto che non gli vedeva da tanto.

<<Io ti amo, Jane.>> Lei corse as abbracciarlo. Le era mancato immensamente.

<<Anch’io Shad…>>Lui la zittì con un bacio.

<<Rick. È questo il mio nome, tesoro.>> Lei registrò la preziosa informazione.

<<Sono contenta che tu mi abbia trovata.>> Lui la strinse.

<<Dobbiamo dimenticare quello che è accaduto.>> Fece una pausa. <<Da oggi si apre un nuovo capitolo.>> Lei gli si rannicchiò contro.

<<Un nuovo capitolo?>>

<<sì. Se vuoi continuare a lavorare all’agenzia, troveremo un altro ruolo. Non voglio rivivere un’esperienza come questa.>> Le disse duro.

<<Come farai con Backery?>>

<<Te l’ho detto. Non è così facile sostituirmi. Andrà bene.>>Jane lasciò che la baciasse, quelli erano baci.

<<Ho avuto paura, sai?>> ‘Anch’io’ pensò ma tacette.

<<È finita, ora.>> La strinse di più e tornò a baciarla.

Il rischio c’era ma era calcolato. Aveva sbagliato ad innamorarsi di uno dei suoi agenti ma Jane era l’unica donna con la quale poteva pensare di dividere la vita. Sapeva bene che non si sarebbero state concesse altre imprudenze, e di sicuro d’ora in avanti si sarebbe attenuto alle procedure, come sempre. Quel gioco aveva delle regole che, per quanto a volte andavano infrante, erano incontrovertibili.