UNA DOPPIA VITA D’INCANTO

UNA DOPPIA VITA DA INCANTO.

Che strano pensò per la quinta o sesta volta. Non conosceva quelle strade, e la gente che incontrava gli sembrava strana. Ma lui era lui, con la sua camicia bianca e i suoi blue-jeans. Non ricordava come era giunto lì. Sapeva solo che c’era. Le strade erano lastricate, se così si poteva dire, in pietra. Quelle poche persone che avevano il coraggio d’incrociare il suo sguardo, lo guardavano incredule. Scosse la testa. Quello incredulo era lui. Dove cavolo si trovava? Le case erano tutte basse, sembravano abitazioni medievali. Davvero esisteva una città così? Cominciava a sentirsi a disagio, tra quelle strane botteghe e quelle figure in tunica. Doveva andarsene. Ma come? E dove? Ma soprattutto, cos’era quel posto? Non aveva il coraggio di porre domande a nessuno. E pensare che era un uomo d’un pezzo, che si era sempre ritenuto sufficientemente coraggioso, ma a quanto pareva non era così. Seguendo più che altro l’istinto, cercò di uscire da quella strana città. Prese quella che gli sembrava la via principale, dallo strano nome di Redloan, inciso malamente sul legno mezzo marcio di un cartello, e la seguì nella direzione in cui le case si diradavano e la foresta, qua e là cercava di riprendersi lo spazio che le era stato tolto. Camminò per un tempo che gli sembrò infinito. Un nuovo cartello lo avvisava che stava avvicinandosi a Rideon, qualunque cosa fosse. Quei nomi sembravano usciti da un libro per ragazzi e lui era decisamente troppo vecchio per quelle stupidaggini. Un forte odore di fragole, che gli sembrava stranamente famigliare lo indusse a girare a sinistra dove la foresta s’infittiva. Doveva essersi ammattito, pensò, quando uno strano bagliore tra gli alberi, i cui rami quasi sfioravano il terreno attrasse la sua attenzione. Incuriosito si fece strada tra il fogliame. Di fronte a lui c’era una grotta. Vi entrò, per quanto illogico potesse essere gli sembrava di esserci già stato, tanto tempo da. Troppo tempo fa. Le pareti erano umide e gocciolanti, ma sul fondo brillava un fuoco. Affrettò il passo. Accanto al fuoco se ne stava una giovane donna, dai lunghi capelli ramati, tra i quali portava una strana piuma dorata, avvolta in una tunica bianca. Quando lo vide gli sorrise. Chi era? Bella era bella, ma lui non l’aveva mai vista, eppure qualcosa gli scattò nel cervello. Un gioco…un sogno? Chissà.

<<Darren! Sei tornato finalmente!>> Darren? Chi diavolo era Darren?

<<Non so chi sei, ma io mi chiamo Dave. Ha sbagliato persona.>>

<<Davvero non ricordi?>>

Cosa doveva ricordare?

<<Sono Zaindra, e tu sei già stato qui.>> Lui sgranò gli occhi. In che razza di manicomio era mai capitato?

<<Quando e perché mai sarei già stato qui?>> la donna sorrise.

<<Ah, molto tempo fa, perché solo tu potevi aiutarci.>> Dave la fulminò con lo sguardo.

<< A fare che?>>

<<A sconfiggere lei. Ma ora è tornata. Dovrai ucciderla.>> Lui la guardò dubbioso.

Doveva andarsene di lì.

<<Non potrai andare finché non porterai a termine il tuo compito.>>

<<Spiegami chi diavolo sei e cosa devo fare per tornare alla normalità.>> La sfidò.

<<Come vuoi.>> Gli rispose. E lui si ritrovò ad ascoltare la storia più strana che avesse mai sentito. Popolata di stregonerie, incantesimi e battaglie. Ciuse gli occhi, per qualche istante, voleva ignorare quelle parole senza senso, cancellarle, distruggerle, ma invece alla mente gli tornavano vecchie immagini di quando era ragazzo e di un sogno che aveva fatto. Ma perché? E cos’era quella situazione?

<<Non era un sogno allora, come non lo è adesso.>> Gli disse ancora Zaindra. Ancora una volta gli aveva letto nel pensiero. Ed ora? Continuava a credere che quello fosse solo un incubo, eppure non riusciva a svegliarsi. Cosa sarebbe accaduto se l’avesse assecondata?

<<Ammettiamo che tutto ciò sia vero, chi diavolo sei tu?>>

<<Te l’ho detto. Sono Zaindra, ho il compito di proteggere questo posto ed indicarti il cammino, proprio come feci tanti anni fa, Darren.>>

<<Perché continui a chiamarmi così?>>

<<Perché tu sei Darren, e questo non cambierà mai. Ovunque andrai, qualsiasi cosa farai, ogni volta che torni, riprenderai ad essere quello che sei: il cavaliere del fuoco.>>Dave alzò gli occhi al cielo, quante assurdità.

<<Prendiamo per buono quello che dici. Cosa dovrei fare adesso?>>

<<Vieni con me.>> Incredulo e anche un po’ seccato la seguì.

Dave era distrutto ed incredulo. Di sicuro la sua mente gli stava giocando qualche brutto tiro. Eppure ora ricordava…ma ancora non capiva cosa fossero quei ricordi. Sogni? Allucinazioni? E cosa stava vivendo adesso? Perché l’unica cosa di cui era certo, era si essere vivo, o almeno se lo augurava di cuore. Scosse la testa. Zaindra, gli stava sempre intorno, propinandogli esercizi e strane magie, che seppur contro logica, si concretizzavano. Ormai, più il tempo passava e meno riusciva a trovare un nesso logico, il suo unico pensiero coerente era che fosse troppo vecchio per tutto quello, eppure una parte di lui, suo malgrado ne era infiammata. E questo in un certo senso lo spaventava perché, perché non si riconosceva più e Zaindra lo attirava. Lo attirava davvero.

Il campo di battaglia era un largo terreno polveroso, e lui era lì al fianco di Zaindra, combattere un gigantesco drago a due teste, che sputava ghiaccio e veleno. Roba da film, pensò, con effetti speciali degni di Holliwood. Ma in quel momento gli sembravano maledettamente veri. Dietro al drago, avvolta in un lugubre manto nero, stava lei: la regina dei draghi, una strega muta-forma. Chiuse gli occhi. Anche lei era nei suoi ricordi. Si concentrò, il suo primo problema era il drago. Imponente, ma non imbattibile, ed in quel momento realizzò. Il drago era lì solo per stancarlo, ma non era il vero nemico. Fece un segno a Zaindra, e mise in pratica una delle tante magie che gli aveva insegnato. Si sentiva uno sciocco ma l’adrenalina era a mille. Dopo una serie di colpi e contraccolpi l drago cadde sconfitto. Era ansimante, ma non ancora stremato. Ora veniva il difficile. Doveva sconfiggere la strega. Chiuse gli occhi e si preparò al peggio.

Non fu sufficiente. Lei era temibile, molto più di quel che ricordava. Rispondeva colpo su colpo, alle sue magie, grazie anche all’aiuto di Zaindra, ma tutto sembrava inutile. Lui era stanco, la strega sembrava imperturbabile. Ma a quel punto era troppo preso da tutta quella storia per lasciar perdere coì. Cominciò ad usare tutti i suoi colpi più potenti, uno dopo l’altro, senza mai fermarsi. E finalmente, vide la strega in difficoltà. Ormai sentiva già la vittoria tra le sue mani, prese la sua spada di fuoco, e si apprestò a colpire la strega. Ma questa scomparve. Dave rimase spiazzato. Quando ricomparve, non era più di fronte a lui, ma al suo fianco. Ed aveva mutato forma. Ora c’erano due Zaindra. Sapeva che il suo compito era quello di uccidere la strega, ma se avesse sbagliato, avrebbe rischiato di perdere la sua amata Zaindra. E ora da dove era venuto fuori quel pensiero? Dannazione. Cosa doveva fare? Restare concentrato. Prese la sua spada, guardò le due figure e senza sapere come seppe con certezza chi doveva colpire. Non sapeva spiegarlo, ma lo sentiva, era una sensazione strana e fortissima. Colpì con tutte le sue forze, e la sua rabbia e la strega si disintegrò in cenere e polvere davanti ai suoi occhi. Zaindra gli corse incontro, cingendogli il collo con le braccia. In silenzio tornarono alla grotta.

Dave ancora non credeva a quello che era successo. E come avrebbe potuto? Ma in quel momento non gli importava di secernere la realtà da quella strana fantasia. Lei era lì e gli sorrideva. La baciò e la passione divampò come un incendio d’estate.

Quando si svegliò, Dave era nel suo letto. Solo. Si mise a sedere. Dopotutto era stato veramente solo un sogno. Un lampo nel buio attrasse la sua attenzione. Sul cuscino accanto al suo, c’era la piuma dorata che Zaindra portava tra i capelli. Chiuse gli occhi mentre alla memoria gli sovveniva la sua ultima frase:

<<Ritorna quando vuoi. Noi avremo sempre bisogno di te. Io avrò sempre bisogno di te.>> Scosse la testa, sorridendo nel buio.